#8 - Perché essere migranti economici non è una colpa

Autore: Maurizio Pagliassotti
Data: 04-12-2023

Salve, mi chiamo H. B, ho 36 anni e vivo in Algeria. Voglio trovare lavoro nella fattoria. Secondo il decreto flussi. Secondo quanto riferito entro la fine dell’anno ci sarà un nuovo decreto flussi, scrive la Gazzetta Ufficiale. Non chiedo uno stipendio mensile elevato. Voglio solo un lavoro stabile e un posto dove vivere vicino/nella fattoria. Parlo inglese, un po’ di francese e sto imparando l’italiano. Lavoro duro e imparo cose nuove velocemente. se siete interessati.

Pochi giorni fa all’indirizzo mail di Accademia della Vigna è arrivata questa lettera che racconta molto.
H.B è un potenziale migrante economico, quindi non vanta alcun diritto a venire in Italia e, in generale in Europa. Infatti, esprimendo una correttezza degna di nota, H. B. si rifà al decreto flussi e alla Gazzetta Ufficiale.
La condizione di “colpevolezza intrinseca” e di non diritto dei migranti economici è in ogni caso degna di attenzione e commento.
Soprattutto perché i vari decreti flussi – l’unica via percorribile per costoro –  incrocia solo una parte della propensione migratoria di coloro che semplicemente partono perché vogliono “lavorare duro”; la migrazione per motivi economici, la più ovvia e naturale nella storia dell’umanità, è costretta ad assumere altre forme, come la richiesta di diritto d’asilo che, sebbene ostacolata sul piano normativo, è in ogni caso “assicurata” dalla Costituzione Italiana.

Come racconta il mio amico Nicola S. che lavora lungo la frontiera interna della ricerca lavoro per coloro che ottengono l’asilo “la prima cosa che chiediamo ai migranti è di raccontarci una frottola”.
Chiunque lavori nel settore conosce questo segreto di Pulcinella.
Non è il caso di H.B, che vorrebbe tentare la sorte seguendo la normativa.
Le molteplici normative nazionali ed europee si scontrano frontalmente con un’altra legge: quella del mercato del lavoro, che richiede forza lavoro in virtù degli insuperabili problemi demografici italiani e non solo.

Come spesso è accaduto nella storia ci si trova quindi di fronte a una dicotomia tra mercato e legge.

Il primo assicura lavoro, anche non regolare, ed entrata in un paese straniero, anche in condizioni illegali. Bisogna ammetterlo.
Il sistema economico italiano necessita di questo flusso: è sufficiente andare in un ristorante o un albergo e guardare chi ci lavora per capire che tutto ciò è inevitabile.
Essendo la normativa costruita per ostacolare la migrazione economica, il mercato tende a manifestare i suoi aspetti più puri, legati alla compressione del costo del lavoro: quindi forme di sfruttamento nei casi più gravi, lavoro grigio, assenza di logistica minima, creazione di un popolo di invisibili che vive ai margini della società.

Rendere insuperabili le frontiere, “garantire” l’entrata a categorie molto ristrette, ovviamente non blocca i flussi migratori verso l’Italia o l’Europa: la durezza della repressione, come ampiamente dimostrato negli ultimi decenni, non solo non disincentiva le partenze e gli arrivi – che vengono appaltati alle organizzazioni criminali – ma tende a scardinare la civiltà urbana occidentale con esternalità negative ormai innegabili.
Gli invisibili, illegali, che lavorano in Italia e contribuiscono alla sopravvivenza del sistema economico e sociale, si coagulano ai margini delle nostre comunità, dove trovano sempre più spesso condizioni di degrado e autosegregazione.

Minacciare la costruzione di campi di detenzione extra europei, minacciare blocchi navali, creare legislazioni sempre più repressive, alzare muri e schierare eserciti è il migliore incentivo per la creazione di mondi illegali paralleli.
I quali però non sono un universo parallelo, sono semplicemente il mondo di fianco al nostro in cui sempre più spesso ci imbattiamo: luoghi che lasciano sgomento il cittadino normale che con reazione pavloviana immagina, ben indottrinato dai media e dalla politica, che vi sia una invasione barbarica in corso.
I  numeri ridicoli –  145.000 sbarchi in Italia nel 2023, pari allo 0.24% della popolazione italiana e buona parte se ne sono anche andati – mettono bene in luce questo meccanismo perverso che legittima soggetti politici privi di pensiero, privi di idee, privi di prospettive: ma ricchi di paura da vendere.
E ovviamente crea anche un serbatoio di manodopera grigia, sacche di povertà e illegalità.

Quando il diritto non regola il mercato è quest’ultimo ad avere l’ultima parola.

Ma noi ci balocchiamo nella sgangherata idea secondo cui “L’Italia non può accogliere l’Africa”, slogan vincente: parole dal sen fuggite, macroscopiche manipolazioni proprio in virtù dei numeri microscopici che dimostrano l’esatto contrario: l’Africa, o quale altra parte del mondo, non ha alcun desiderio di trasferirsi in Italia, o in Europa: sarebbe necessario, ma così non è.
L’Europa non è il sogno delle masse del mondo: questa storia è una fandonia che trasuda colonialismo.
Nel 2022 in Italia sono arrivate complessivamente appena 105.000 persone: una tragedia se si pensa alla mancanza di manodopera e contribuenti netti. Nel 2021 furono il 45% di meno.
Numeri catastrofici se si tiene conto che per sopravvivere il sistema sociale italiano necessita di 400.000 ingressi annui di lavoratori e lavoratrici migranti: dati centro studi Idos.

Il decreto flussi a cui ambisce H.B coprirà nel 2023 appena 136.000 posti, quindi con ottime possibilità non avrà possibilità di venire in Italia a “lavorare duro e imparare le cose velocemente”.
La normativa in essere chiede esplicitamente a H.B di seguire vie illegali e poi, una volta giunto in Italia, richiedere asilo politico in virtù di una qualche inesistente persecuzione.

Tutto ciò è il metro di una cultura oscurantista, retrograda e anti razionale con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno.

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Ph Pietro Battisti
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